
IL DIALOGO CON LE SEDIE - CHAIR DIALOGUE
Il Dialogo con le sedie ha origine nello Psicodramma che, secondo l’approccio di Moreno, considera l’individuo nella sua molteplicità interiore e facilita il contatto con le parti che ne compongono la personalità facendole conversare, una volta metaforicamente accomodate, sulle sedie.
Piuttosto che una mera tecnica psicologica, il Dialogo con le sedie è un prezioso strumento utile a riconoscere le parti interne di sé e ad aiutare la persona nel superare la sensazione di frammentazione per giungere all’integrazione interiore, cioè ad una migliore definizione della propria identità personale.
Jung affermava che “il processo di individuazione ha a che fare con il completamento di sé abbracciando tutte le parti”. Riuscire in questo intento, è determinate soprattutto quando si attraversa una fase di crisi, ovvero una rottura tra ciò che si era e ciò in cui ci si sta trasformando, nelle fasi di cambiamento esistenziale che spesso sono legate ad instabilità, disorientamento e scarsa autostima.
Comprendere che “ognuno contiene tanti sé in divenire” è un passaggio evolutivo essenziale per capire che non si è soggetti granitici e statici, ma parti di un processo in continua trasformazione perciò vitale e positivo, sebbene accompagnato da sensazioni di disagio, ansia e talvolta panico.
Il Dialogo con le sedie permette, in senso letterale e metaforico, il cosiddetto accomodamento psicologico cioè rende possibile pervenire a una funzionale modulazione della propria struttura cognitiva e comportamentale per accogliere il mutamento in modo costruttivo proprio mediante l’integrazione e l’ascolto delle varie parti di sé.
Il Dialogo con le sedie, infatti, è un metodo espressivo che permette di dar voce alle parti di sé che spesso sono in contrasto, determinando conflitti interiori, più facilmente superabili attraverso un confronto dialogico tra le presenze interne alla persona.
Questo metodo facilita il riconoscimento di alcune psicodinamiche disfunzionali al fine di trasformarle, in quanto è importante tener presente che il conflitto non è solo fonte di contrasto, ma è anche un processo che velocizza l’evoluzione di sé e la chiarificazione interiore.
Il conflitto, anzi, è un momento essenziale all’interno di una conversazione perché offre un buon pretesto per cum versare ovvero, nella fattispecie, consente di rivolgere all’insieme delle proprie parti uno spazio di parola per trovare un accordo, facendole risuonare all’unisono, invece che ammutolirle in uno sterile silenzio interiore.
Queste parti interiori sono vere e proprie presenze, che non hanno nulla a che fare con gli aspetti patologici della schizofrenia, in quanto non sono mai negative bensì, quando vengono ascoltate, mettono a disposizione risorse e talenti, offrono preziosi suggerimenti, conforto, intuizioni e soluzioni creative e portano alla luce ricordi dimenticati o accantonati per poterli esplorare ed elaborare.
“Tu non sei quella parte, tu hai quella parte” e questo è ciò che fa la differenza e agevola il cambiamento in senso evolutivo.
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